inferno_recensione_emotiva_ciakmoodSPOILER ALERT!

Ogni considerazione espressa non vuole essere tecnica o didattica, si tratta puramente di opinioni personali.

Come mi ha fatto sentire questo film?

  • Tensione
  • Esaltazione

GLI EROI MODERNI INVECCHIANO MOLTO PRESTO.

Purtroppo è un dato di fatto. E parlo di Eroi, non di Anti-Eroi o Villain: per loro è tutto più facile. Il fatto è che il cinema, quello di intrattenimento prima di tutti, ha perso le icone. Ha perso quei personaggi (eroi) disposti a superare la storia che vivono per entrare con prepotenza, forza e carisma nel firmamento del tempo.

Senza girarci troppo intorno, arriviamo subito al perché di tutta questa “amarezza” in quello che dico: Inferno è un film a metà. E’ un film che ti dà emozioni senza porsi però le domande giuste sulle scelte che fa. Tant’è che le azioni dei personaggi e soprattutto la sceneggiatura sono così abbozzate da quasi offendere i fan della saga, oltre che lo spettatore in generale. Le emozioni ci arrivano, ma tutte superficiali. Le odoriamo, le riconosciamo, ma non le assaggiamo veramente. Tranne che per qualche momento, come l’inizio.

La sequenza di apertura del film è un turbine di Tensione e curiosità. Howard, regista “pulito” dedito sempre alle storie dal “grande” respiro e da una forte morale, questa volta si reinventa: i primi 15 minuti sono frenetici, al limite dell’adrenalina quasi. L’uso della camera a mano costante abbinato a un montaggio sincopato e compulsivo ci dà quel senso di Tensione sugli accadimenti della storia che ci tiene incollati alla poltrona: dopo un inseguimento a Firenze che porta al suicidio del “cattivo” Bertrand Zobrist ci ritroviamo in un letto di ospedale insieme al nostro Robert “ormai sono vecchio” Langdon. Un proiettile gli ha sfiorato la tempia e la caduta gli ha causato una commozione cerebrale lieve con un’amnesia sugli ultimi giorni. Qualcuno proverà a ucciderlo in ospedale e da lì partirà una costante fuga che andrà avanti per ¾ di film insieme al medico che lo stava curando, una dottoressa stranamente piacevole, che lo conosce molto bene, che ha letto tutti i suoi libri e che è un genio (a 9 anni ha vinto una borsa di studio per la laurea in medicina). A casa della dottoressa, Langdon troverà un puntatore Faraday nella sua tasca che proietta una particolare raffigurazione dell’Inferno Dantesco. Da questo momento la caduta nell’oblio delle banalità narrative e di una “semplicistica” messa in scena, con attori poco ispirati per non dire sprecati, è inevitabile. Le intenzioni di Howard sono chiare: vuole intrattenerci e darci un senso di ansia. Per farla breve, il cattivone, che non è poi così cattivo, forse giusto un po’ folle, decide di creare un virus pestilenziale in modo tale da dimezzare l’umanità. La sovrappopolazione è un problema reale e Dan Brown (con l’aiuto visivo di Ron Howard) ci fanno percepire il panico dietro a questo semplice concetto. Paradossalmente è così carismatico il villain interpretato da Foster che lì per lì, se non fosse per il gesto estremo, ci verrebbe da dire che non ha tutti i torti. Tolto però questo elemento di Tensione molto forte, Inferno non è altro che un “classico” film di spionaggio. Cosa c’entrano i simboli e l’Inferno di Dante in tutto questo? Assolutamente ‘na ceppa. E’ il cattivo che è un appassionato del poeta fiorentino. Infatti, dopo essersi suicidato, decide di lasciare delle molliche di pane con simboli e altro ai suoi “seguaci” così che possano finire quello che lui ha iniziato. Langdon in tutto questo non c’entra nulla. Semplicemente si ritrova vittima degli eventi tra vari voltafaccia. Nulla sorprende e ci interessa realmente di questo viaggio ansiogeno del nostro Robert, se non l’inizio. Non c’è il fascino dell’indagine storica\mitologica che ci dà quella Esaltazione viva a cui gli altri film ci avevano abituato. Non ci sono più “società segrete” secolari pronte a uccidere per tenere al sicuro qualche segreto narrato in qualche libro o dipinto. Qui c’è un terrorista con un piano di omicidio di massa abbozzato e pianificato senza senso, che ci porta a chiederci solo… Perché?! Perché dare degli enigmi da risolvere ai tuoi seguaci invece di dirgli chiaramente dove si trovava l’arma e così realizzare il suo scopo di vita? In questo Dan Brown è stato molto più bravo invece. Le differenze tra le due opere sono sostanziali e quella di Howard risulta un vero passo falso. Ma allora, se la Tensione è abbastanza chiara come la proviamo…l’Esaltazione invece? L’esaltazione non è nell’avventura delle indagini storiche con le intuizioni sorprendenti di Langdon, ma è nel finale. Nel salvare il mondo da questa peste, Nella sequenza finale a Istanbul: una sequenza abbastanza adrenalinica (adrenalina uccisa da dei dialoghi retorici che ci colpiscono come chiodi nelle orecchie) che culmina con una buona dose di CGI. E Langdon? Forse è lui la nostra vera Esaltazione: noi ci esaltiamo a vedere comunque questo personaggio fare il suo viaggio (personaggio che inizia a stare veramente stretto a Tom Hanks, tanto da soffocare la sua recitazione). E anche se non ci dà quello che vogliamo, se non è in forma (non fisica) come dovrebbe, se non è più così sorprendente come è sempre stato, noi gli vogliamo bene. E in quell’ultima camminata gloriosa nel Palazzo Vecchio, noi sorridiamo con lui, perché alla fine dei giochi è stato comunque un grande autista che ci ha accompagnato in questo tour tra Firenze, Venezia e Istanbul senza mai annoiarci, nonostante tutto. Ora però è il momento di spegnere il motore e scendere Robert, grazie di tutto veramente.

Fade out.

Titoli di coda.

  • DannyBoy –