creed_recensione_emotiva_ciakmoodSPOILER ALERT!

Ogni considerazione espressa non vuole essere tecnica o didattica, si tratta puramente di opinioni personali

Come mi ha fatto sentire questo film?

  • Esaltazione
  • Tristezza

Si commette un errore a vedere Creed aspettandosi un sequel della saga cinematografica di Rocky, piuttosto vuole essere una versione moderna del film capolavoro del 1976. Ed è qui che sta la sua identità e forse anche l’aspetto vincente del film: riproporre situazioni che tanto ci hanno emozionato in Rocky, adattandole al giorno d’oggi.

Creed tratta la storia di Adonis Johnson, figlio del famoso campione dei pesi massimi Apollo Creed, morto prima che egli nascesse. Anche la madre muore e Adonis passa di famiglia in famiglia fin quando la moglie di Apollo decide di adottarlo. Da adulto conduce una vita agiata, alternando il lavoro d’ufficio a degli incontri di boxe in Messico. Nonostante sia un autodidatta e non abbia una formazione professionistica, Adonis decide di licenziarsi per inseguire il suo sogno: conquistare il titolo e dimostrare di essere l’erede di suo padre. Quindi si reca a Philadelphia per convincere Rocky Balboa, grande rivale e amico di Apollo, ad allenarlo.

Ci troviamo di fronte a una storia senza pretese che, seppur possa risultare prevedibile, svolge egregiamente i suoi compiti: intrattenere ed emozionare.

I personaggi principali sono dei buoni, ci si affeziona a loro. Rocky conduce una vita solitaria caratterizzata dalla gestione del suo ristorante e dalle visite quotidiane alla tomba di Adriana nella quali chiacchiera con la moglie, l’unica donna per lui importante, come se non si fossero mai separati: la dolcezza e la nostalgia di questi momenti ci avvolgono. Proprio in questa routine di Rocky irrompe il determinato Adonis e non ci vorrà molto prima che tra i due si instauri un legame padre figlio. I brevi momenti di gioia che derivano da questo nascente nucleo familiare nel quale si inserisce anche Bianca, una cantante di cui Adonis si innamora, si oppongono a un prevalente sentimento di tristezza determinato dal cancro che viene diagnosticato a Rocky. La tristezza ci pervade: siamo affezionati a questo bonaccione, non vogliamo perderlo! Lo vedremo fragile, stanco e impaurito, ma Rocky non ci ha mai deluso e si rialzerà con quella determinazione che lo ha sempre caratterizzato per combattere anche questa battaglia. A tal proposito nulla racchiude bene questo concetto come le parole che Rocky rivolge ad Adonis quando si sta allenando in palestra davanti allo specchio: “Lo vedi questo qui che ora ti guarda? È il tuo avversario peggiore. Secondo me è vero sul ring come lo è nella vita”. La sua lotta e quella di Adonis si contrappongono in un alternarsi di tristezza e tensione. Gli allenamenti di Adonis, invece, nonostante ci facciano sentire la fatica, sono esaltanti e questa emozione viene rafforzata dalla musica.

L’interpretazione di Sylvester Stallone riesce a emozionare e si percepisce da essa quanto l’attore sia legato a questo personaggio così spontaneo e vero che egli stesso ha creato.

Il punto di forza del film è la messa in scena degli incontri di boxe, operata in modo eccellente dal regista Ryan Coogler. In ognuno di essi l’incalzante ritmo dei colpi scandisce quello delle emozioni. Si passa dalla tensione, quando Adonis cammina verso il ring, alla carica di adrenalina durante l’incontro, di nuovo alla tensione per poi sfociare nella mera esaltazione. Lo spettatore sente il dolore dei colpi inferti al protagonista, lo spettatore fa parte del “team Creed”.

È evidente come questo film sia pregno, volutamente, di elementi nostalgici che culminano con un accenno dell’esaltante colonna sonora di Rocky verso la parte finale del film che si mischia brevemente a quella del tutto nuova. Un colpo al cuore che preannuncia un glorioso finale.